Il 5 ottobre abbiamo presentato i risultati di uno studio epidemiologico: erano inequivocabili. Il 64% dei docenti inidonei presentano una diagnosi psichiatrica, mentre “solamente” il 17% fa registrare una patologia alle corde vocali. Tuttavia sono riconosciute come causa di servizio unicamente le seconde. Qualcosa evidentemente non quadra ma, secondo il ministro tecnico, non importa. Infatti pochi giorni dopo arriva inaspettato l’ennesimo annuncio di accanimento sulla scuola: le ore d’insegnamento passeranno da 18 a 24.
E come al solito senza aver previsto un accertamento della salute della categoria, in barba, anzi, al predetto studio. Nel giro di 15 mesi i governi di turno hanno messo a punto nell’ordine: riforma Brunetta (con la cancellazione della dispensa dal servizio per gli inidonei permanentemente); cancellazione della causa di servizio; riforma previdenziale Fornero; trasformazione degli inidonei in ATA (spending review); allungamento delle ore di docenza da 18 a 24 ore.
A indorare la pillola provvede invero il ministro stesso che parla degli insegnanti come i moderni eroi a presidio dell’educazione dei ragazzi. Il termine “eroi” tuttavia non ci sembra il più azzeccato. Il governo infatti sembra piuttosto considerarli dei martiri sui quali accanirsi.
Tante sono le voci che si levano a protestare, ma quella giuntami oggi può dirsi ben rappresentare la fatica e lo sconcerto che attraversa la categoria. E si noti bene che non è nemmeno tra quelle che sono oggetto dell’ultima trovata ministeriale sull’aumento delle ore di servizio. Le lascio la parola.
Stimatissimo dottore, leggo con estremo interesse ogni articolo che porti la Sua firma sul tema del burnout degli insegnanti in quanto mi ci riconosco totalmente nella descrizione delle cause che lo determinano. Sono una docente di 60 anni, insegno da 37 nella scuola dell’infanzia. Mi sono dedicata anima e corpo a questa splendida professione, i bambini sono stati fonte di gioia e di interesse per una vita intera MA adesso, da circa due anni non è più così. Mi sento svuotata, come se non avessi più niente da dare, priva di energie.
Mi hanno diagnosticato una forma di depressione nevrotica e come terapia antidepressivi, tranquillanti per dormire e riposo.
La mia “disaffezione” al mio lavoro ha origini ben più marcate. Il mio senso di svuotamento, le mie crisi di panico, ogni volta che varco il cancello della scuola, la mia insonnia al pensiero del lavoro del giorno dopo, l’ alternarsi ponderale del mio corpo, la non sopportazione delle crisi di pianto dei piccoli alunni… è diventato un vero e proprio tormento. E, da ultimo, si è aggiunto il mancato pensionamento dovuto alla riforma Fornero. Essere arrivata al traguardo (quota 96 = 60 anni + 36 anni di contributi), aver fatto da tempo nuovi progetti di vita ed essere stata rigettata nel lavoro, ingiustamente, coercitivamente, mi ha letteralmente dato il colpo di grazia. NON HO PIU’ NIENTE DA DARE, SONO SVUOTATA, “BRUCIATA”. E questo non fa bene a me nè ai piccoli alunni che si ritrovano un’insegnante che sogna solamente di scappare il più lontano possibile.
Nella mia condizione ci sono migliaia di docenti del 1952. Cari saluti.